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Corte d'Appello di Bologna > Patto di prova
Data: 29/07/2002
Giudice: Castiglione
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 253/01
Parti: Rosa S. / S.A.M. HYDRAULIK SpA
ASSUNZIONE OBBLIGATORIA E PATTO DI PROVA: AMMISSIBILITA' - MOTIVAZIONE DEL RECESSO: OBBLIGO DI FORNIRLA A RICHIESTA DEL LAVORATORE - INDICAZIONE DELLE MANSIONI: SUFFICIENZA DEL RICHIAMO AL CONTRATTO COLLETTIVO - RESPONSABILITA' PROCESSUALE AGGRAVATA: NECE


Una invalida civile avviata obbligatoriamente al lavoro presso una società di Reggio Emilia e licenziata durante il periodo di prova impugnava il recesso avanti al Pretore di quella città (al quale succedeva per legge, nel corso del processo, il Tribunale in composizione monocratica) sollevando una serie d eccezioni formali e sostanziali, che venivano respinte in primo grado, per cui la lavoratrice ricorreva in appello. La Corte d'Appello di Bologna ha esaminato le varie questioni di diritto, richiamando le più recenti decisioni della Suprema Corte in materia. In particolare, dopo aver ribadito l'ammissibilità del patto di prova anche nella disciplina del collocamento obbligatorio degli invalidi (v. Cass. S.U. n. 1763/1979; Cass. 2579/2000; Cass. 5639/98; Cass. n. 3689/98, ecc.) e l'orientamento della Corte Costituzionale in merito al non obbligo di forma scritta per l'atto di recesso (Corte Cost. 4.12.2000, n. 541) ha ricordato che esso è comunque sottoposto al sindacato del giudice per evitare che possa essere determinato o influenzato dalle condizioni minorate dell'invalido (Cass. n. 5634/1991; Cass. n. 13726/2000) e che il datore ha l'obbligo di fornire la motivazione del recesso non già contestualmente, ma entro 7 giorni dalla richiesta del lavoratore effettuata entro 15 giorni, secondo la disciplina dell'art. 2 della legge n. 604/1966 (Cass. n. 3689/1998; Cass. n. 8143/2000). La Corte ha poi affermato che il patto di prova «deve contenere la specifica indicazione nel patto di prova delle mansioni da espletare, dato che il giudizio … presuppone che l'esperimento venga effettuato in ordine a mansioni esattamente identificate … (allo ) scopo di rendere possibile il controllo, da parte del giudice, del contenuto della dichiarazione e della successiva puntuale osservanza della stessa (Cass. n. 2579/2000)». L'individuazione delle mansioni può però avvenire - a parere dei giudici bolognesi - anche attraverso il riferimento alle declaratorie ed esemplificazioni del contratto collettivo: «Il riferimento, contenuto nella clausola appositiva del patto di prova inserito nel contratto individuale di lavoro, alle modalità di esecuzione della prova previste dal contratto collettivo di settore dà, infatti, luogo ad una ipotesi di negozio per relationem -frequente nel diritto del lavoro - il quale è configurabile allorquando le parti, nel momento della formulazione della dichiarazione e nell'esplicazione dell'autonomia negoziale ad esse riconosciute dall'ordinamento, fanno riferimento per la determinazione di una porzione più o meno ampia del contenuto dell'accordo, ad un elemento esterno (…) Invero mediante la relatio il contenuto dell'atto richiamato viene recepito nel contenuto della dichiarazione negoziale, divenendone elemento integrante esclusivamente per volontà delle parti…». Invero a chi scrive appare piuttosto contraddittorio da un lato esaltare una "esatta individuazione delle mansioni" e dall'altro accontentarsi di un generico richiamo al mansionari del CCNL, che spesso comprende una gamma vastissima - e tutt'altro che specifica - di attività, anche in considerazione del fatto che il continuo richiamo alla esclusiva volontà delle parti per la relatio ed alla piena esplicazione dell'autonomia negoziale lascia, nel caso di un'operaia invalida civile, piuttosto perplessi. Da una valutazione del caso concreto la Corte d'Appello di Bologna respingeva l'appello ritenendo legittimo il giudizio esperto dalla società in ordine al mancato superamento dell'esperimento; contemporaneamente respingeva anche la domanda di quest'ultima di condanna della lavoratrice al risarcimento dei danni per lite temeraria, in quanto la responsabilità ai sensi dell'art. 96 cod. proc. civ. «postula l'accertamento sia dell'elemento soggettivo dell'illecito (mala fede o colpa grave) sia dell'elemento oggettivo (entità del danno sofferto). Con la conseguenza che, ove dagli atti del processo non risultano elementi obiettivi dai quali desumere la concreta esistenza del danno, nulla può essere liquidato a tale titolo, neppure ricorrendo a criteri equitativi (Cass. n. 12422/1995) »